Buonasera a tutti,
porto i saluti a tutta la sala da parte di tutti gli eletti 2009 e 2010 della rappresentanza regionale dei volontari in servizio civile. E' molto significativo per me essere qui a rappresentare i volontari siciliani in questa tappa di un percorso che ho iniziato nel 2009 a Catania, che ha significato crescita a tutto tondo, consapevolezza civica e culturale e che si è ancor più arricchito con l'impegno della rappresentanza nazionale dei volontari. Un adempimento per noi delicato e decisivo perchè arrivato nel momento di maggiore opacità e crisi per l'istituto del Servizio Civile Nazionale, un momento che molto non esitano a definire drammatico.
I numeri, come anche altri interventi non hanno mancato di sottolineare, sono imperiosi. Nella relazione che abbiamo presentato come delegazione regionale alla X Ass. Naz. dei Delegati Regionali, tenuta a Roma il 21 e 22 gennaio scorsi basato sulle rilevazioni di Arci SC fino al 2010 abbiamo due dati su tutti che parlano per la Sicilia: dal 2007 ad oggi -76,5% di posti messi a bando, -53% di progetti messi a bando, in quella stessa regione che da sola dava spazio al 20% dei volontari italiani avviati.
Quello che a noi giovani fa più impressione è l’impatto socio-culturale di tali eventi: in Sicilia infatti il Servizio Civile assume un particolare funzione di veicolo per la coesione etica e la solidarietà sociale perché rappresenta un deciso messaggio contro la criminalità, l’abbandono, il diffuso disagio sociale, un messaggio che dai tagli è minato alle fondamenta. E' immediato esempio di impegno per l’altro, cittadinanza attiva ed altri valori costituzionalmente sanciti. Si assiste poi alla crescita evidente dei fenomeni clientelari, della disinformazione diffusa, anche sulle più basilari nozioni di Servizio Civile e di volontario: in alcune situazioni quindi il volontario SCN è un lavoratore sottopagato, a cavallo del labile confine tra responsabilità e rischio, sprovvisto di tutele, a carico dei contribuenti.
C'è quindi una oggettiva situazione di difficoltà, ci sono molteplici ipotesi di riforma, c'è in particolare per la Sicilia l'ipotesi di una legge regionale finalmente da approvare e di uno auspicabilissimo sostegno finanziario della nostra regione a statuto speciale.
Ma è necessario per me porre delle questioni di fondo, delle questioni "genetiche" per il servizio civile, che non ho visto considerate e di cui appunto è necessario discutere perchè legate direttamente a quello che è l'enunciato testuale della L. 64/2001, la nostra legge fondamentale: "difesa della patria con mezzi nonviolenti".
E' questo il nucleo fondante dell'istituto, ancor prima della funzione solidarietà e più in generale di ogni funzione "welfare". Un nucleo fondante derivato direttamente da quella che è stata l'orgogliosa storia dell'obiezione di coscienza italiana, che è la nostra storia, la storia del servizio civile. Una storia che con la sospensione della leva obbligatoria ha ormai passato il testimone della difesa nonviolenta della patria al servizio civile. Una storia che conosciamo bene, a cui non corrisponde un presente di eguale rango.
La crisi del servizio civile oltre che finanziaria è una crisi di identità: una crisi del profilo, non soltanto giuridico, della figura del volontario di servizio civile. Se essere obiettore significa cose ben precise, vale lo stesso per il serviziocivilista?
L'ordine dei problemi è vario: in primo luogo il contratto, che è anomalo, non rientra in alcuna fattispecie contrattuale specifica e che adesso sembra più assimilabile ad apprendistato o co.co.pro piuttosto che a volontariato.
Poi il regime giuridico del serv. Civile e cioè pubblico o privato? Dello Stato o degli Enti? Si direbbe semipubblico, ma nulla disciplina la fattispecie di conseguenza.
E ancora: il servizio civile è Nazionale o Regionale? La Corte Costituzionale ha stabilito che, essendo la difesa non armata della patria il contraltare esatto della difesa armata della patria, sarebbe quindi materia di competenza statale. Ma se il servizio civile è welfare, solidarietà, cittadinanza attiva (come ormai nella prassi e nel senso comune) la competenza è regionale. Si direbbe allora materia competente, ma ad oggi nulla, dopo 10 anni dalla l. 64 e dalla Riforma del Titolo V risolve tale interrogativo e pochi addirittura lo pongono.
Un'altra questione: dopo? Dopo il servizio civile, si continua a difendere la patria o si finisce bruscamente? Cosa dice la legge in proposito? Nessuna risposta.
Allora le prospettive, il tema di questo importante appuntamento, per la nostra rappresentanza sono dunque ben diverse da generici enunciati proclamati e nobili intenti futuri e riguardano proposte pratiche e ben individuate, che mirano a cominciare a risolvere la crisi del servizio civile partendo appunto dalla crisi di identità di tale istituto.
Va tutelato il diritto dei volontari ad avere e firmare un contratto chiaro, definito a cui segua un netto riconoscimento delle competenze, altra questione demandata all'arbitrarietà di convenzioni o accordi vaghi.
Va creata e sostenuta una formazione efficace ed efficente, per contrastare i fenomeni clientelari e la disinformazione diffusa cui si accennava prima.
Va organizzata e rinnovata la pubblicità del servizio civile, partendo dal campo dei mass media, ma non dimenticando assolutamente la propaganda nelle scuole, così come è stato bravo e veloce il Ministero della Difesa con il caso mini-naja, cercando una convenzione di eguale importanza con il Ministero della Pubblica Istruzione.
Concludo ringraziandovi e citando un padre della nonviolenza italiana, Danilo Dolci, che ci diceva "occorre promuovere una nuova storia" riferendosi al momento in cui si decide di cercare e volere il cambiamento sociale, la vera crescita etica e civile per una società. La nostra "nuova storia" per questa idea di cambiamento nonviolento può essere il Servizio Civile in Italia ed in Sicilia. Noi giovani non vogliamo perdere questa opportunità.
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